
La scoperta è stata rivelata da due esperti statunitensi del settore che lavorano per Core Security Technologies, Alfredo Ortega e Anibal Sacco, il cui studio ha estremamente preoccupato il mondo della sicurezza.
In termini pratici, i due ricercatori hanno dimostrato come attraverso una routine (poche righe di codice) appositamente scritta sia possibile collocare nella parte più profonda del computer, il BIOS appunto, quello che in termini tecnici viene definito come un rootkit, cioè un processo chiave che si colloca oltre ogni controllo dell'utente, non rilevabile con i metodi comuni e neppure attaccabile dai normali antivirus.
Un virus scritto con questo sistema resisterebbe a qualsiasi tentativo sinora effettuabile di disinfestazione del disco fisso: non sarebbe possibile estirparlo né con la formattazione dell'hard disk né con l'installazione da zero del sistema operativo.
A rischio è tutto l'hardware oggi in commercio. Persino i sistemi virtualizzati non sono immuni. Lo sceneario che si prospetta è catastrofico: in alcuni casi si potrebbe anche arrivare al punto di essere costretti a rimuovere fisicamente e sostituire il chip del BIOS delle macchine colpite.